La separazione consensuale avviene di comune accordo tra i coniugi, che assumono un’intesa su gli effetti della separazione, sia di carattere personale, sia di carattere patrimoniale.
Il mantenimento, l’assegnazione della casa, come vedere o dei figli, come dividere i beni.
La ratifica il giudice, con un procedimento in tribunale che si risolve in una udienza, o agli avvocati, con la negoziazione assistita, oppure il sindaco.
Dopo la separazione consensuale devono passare sei mesi per potere divorziare.
La separazione consensuale è un accordo sulle condizioni relativi ai rapporti patrimoniali, il regime di affidamento dei coniugi.
I procedimenti di separazione previsti dalla legge sono quello davanti al tribunale, quello davanti all’ufficiale dello stato civile del Comune, la negoziazione assistita dall’avvocato.
Il procedimento davanti al tribunale si ha quando marito e moglie, dopo avere trovato un accordo sugli aspetti patrimoniali, sull’affidamento dei figli e sull’abitazione familiare, possono procedere al deposito congiunto del ricorso di separazione, che contiene i termini della separazione e dovrà essere depositato in carta semplice presso la cancelleria del tribunale del luogo di residenza o di domicilio di uno dei ricorrenti.
Il presidente del tribunale, se ritiene infatti che gli accordi siano conformi alla legge, concederà la separazione.
La valutazione di solito è formale e di solito non si entra nel merito delle scelte fatte dai coniugi.
Ci vuole sempre l’avvocato che può anche essere uno per entrambi i coniugi, risparmiando sui costi.
Il procedimento davanti all’ufficiale dello stato civile è possibile se non ci sono figli minori, figli maggiorenni non autonomi o incapaci o portatori di handicap grave.
I patti non prevedono trasferimenti di beni, mentre è consentita la previsione di un assegno di mantenimento.
I coniugi che hanno trovato un accordo sulle condizioni della separazione possono concludere una convenzione di separazione davanti all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza di uno di loro o del Comune nel quale è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio.
La convenzione produrrà gli stessi effetti di un provvedimento di separazione emesso dal giudice. L’assenza dell’avvocato è facoltativa.
Nella separazione consensuale non è necessario dimostrare la colpa di uno o di entrambi i coniugi perché il presupposto indispensabile è costituito dalla intollerabilità della convivenza, cioè da una situazione che non dipende necessariamente dal comportamento del marito o della moglie.
Ad esempio ci può essere intollerabilità quando sia venuta meno da entrambe le parti o anche da una la volontà di vivere insieme, l’amore, l’attrazione.
La separazione giudiziale si fa in causa, davanti al tribunale, quando marito e moglie non sono riusciti a trovare un accordo.
In questo giudizio, oltre che del mantenimento, dell’assegnazione dei figli, e della casa, si può decidere della divisione dei beni, e sull’addebito, vale a dire sulle responsabilità da attribuire a uno o a entrambi i coniugi in relazione alla fine della convivenza.
Dopo la separazione giudiziale deve passare un anno per potere chiedere il divorzio.
Il coniuge che vuole procedere con la separazione, attraverso il suo avvocato, può invitare l’altro a cercare un accordo.
La convenzione, molto simile a un normale contratto, che viene stipulata tra i due, può contenere patti di trasferimento patrimoniale.
Dopo la stipula della convenzione, se non ci sono figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti o maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, serve il nulla osta del Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, previa verifica dell’assenza di irregolarità.
Se ci sono figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, maggiorenni incapaci portatori di handicap grave, serve l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, previa verifica della rispondenza dell’accordo all’interesse dei figli.
La convenzione produrrà gli stessi effetti di un provvedimento di separazione emesso dal giudice.
Se non si raggiunge l’accordo per una separazione consensuale, il giudice deve instaurare un procedimento di separazione giudiziale, e le condizioni della separazione vengono stabilite dal tribunale.
Si ricorre alla separazione giudiziale quando non c’è intesa.
In questo caso è necessario fare una apposita causa con due avvocati, l’uno per ciascuna delle due parti, e la causa verrà avviata da chi dei due intende agire prima.
La causa è unica, non è possibile instaurare un procedimento avviato dalla moglie contro il marito e un altro dal marito contro la moglie.
Quando uno dei due coniugi agisce cita l’altro che si dovrà costituire nella stessa causa.
Non ha importanza chi agisce prima , visto che nel processo, le posizioni di ricorrente e resistente sono uguali e hanno gli stessi poteri.
Il procedimento per la separazione giudiziale è diviso in due fasi.
La prima si svolge davanti al Presidente del tribunale che è tenuto a porre in essere un tentativo di conciliazione, i coniugi devono essere presenti e assistiti dal proprio legale.
Se la conciliazione non ha esito positivo, il presidente dispone i provvedimenti urgenti e provvisori, che hanno per oggetto l’autorizzazione a cessare la convivenza, la fissazione di un eventuale assegno di mantenimento, l’affidamento dei figli minori.
Dopo la pronuncia dei provvedimenti presidenziali, le parti si devono presentare davanti al giudice competente per la fase istruttoria della causa cioè per l’acquisizione delle prove necessarie a giudizio.
Questa la seconda fase del procedimento di separazione giudiziale.
La fissazione del mantenimento alla fine della separazione giudiziale retroagisce al momento del deposito del ricorso, e il coniuge tenuto a versare l’assegno dovrà fare fronte agli arretrati delle mensilità precedenti.
Se ne ci sono le circostanze, su domanda di un coniuge, il giudice può addebitare la separazione al coniuge che ha violato i doveri del matrimonio.
Maltrattamenti, commissione dell’assistenza morale o materiale, infedeltà, Abbandono del tetto coniugale.
Il giudice prima di procedere all’addebito deve effettuare un giudizio comparativo circa le condotte di entrambi i coniugi.
Chi subisce l’addebito non può pretendere il mantenimento anche se disoccupato, vantare diritti successori sull’altro coniuge se questi muore dopo la separazione e prima del divorzio, mentre dopo il divorzio non spettano mai diritti successori.
Al coniuge al quale vine addebitata la separazione con sentenza definitiva spetta un assegno vitalizio se, al momento dell’apertura della successione, godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto.
Il procedimento di separazione si conclude con una sentenza che può essere sempre rivista se sorgono altre circostanze che modificano le condizioni economiche dei coniugi.
È possibile dichiarare la separazione alla prima udienza con sentenza non definitiva, lasciando per dopo la discussione degli aspetti controversi.
In questo modo la richiesta di divorzio potrà avvenire in tempi rapidi.
La separazione giudiziale, in qualunque momento può essere trasformata in separazione consensuale, mentre la separazione consensuale non si può trasformare in giudiziale, salvo il diritto di chiedere la modifica delle condizioni di separazione in un momento successivo.
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