23 Jun
23Jun

STUDIO LEGALE ARIELLO

La prescrizione delle cartelle esattoriali: ultimi chiarimenti della corte di cassazione.


Cass. Civ. Sez. VI – Ordinanza n. 3990 del 18/02/2020



Il tema della "prescrizione" delle cartelle di pagamento è riemerso in tutta la sua dirompenza, col D.L. 119/2018, convertito con modificazioni dalla Legge n. 136/2018, che ha introdotto (con qualche variante, rispetto alle precedenti edizioni) la definizione agevolata dei carichi affidati all'Agente della riscossione.


Nell'occasione, alcuni contribuenti, con l'invito a definire la propria posizione, o richiedendo autonomamente, un estratto dei ruoli, hanno spesso preso cognizione dell'esistenza di cartelle di pagamento sino ad allora misconosciute (perché mai notificate, o perché notificate secondo il rito degli irreperibili); fenomeno, purtroppo o (a seconda dei casi) per fortuna, non raro.


Dinnanzi ad una tale scoperta, il contribuente, in prima battuta, è sicuramente colto dallo sconforto, superato il quale subentra il dubbio, spesso condiviso col (o meglio sollevato dal) difensore, tutte le volte in cui venga accertato il decorso del termine di prescrizione della pretesa erariale. Analoga è la condizione di chi si vede notificare la temuta "intimazione di pagamento"; un atto del riscossore, che racchiude l'intero carico tributario impagato e che prelude l'esecuzione forzata.


Si pone, dunque, il problema di stabilire anzitutto quale sia il dies a quo, per il computo del termine di prescrizione e, contemporaneamente, quale debba essere la corretta modalità per ottenere una declaratoria di prescrizione; ciò, considerando il fatto che spesso, sia per l'Ente creditore, sia per l'Ente di riscossione, il decorrere del tempo non determina (quasi mai) l'automatico riconoscimento della caducazione del sotteso diritto di credito.


Neppure l'istanza in autotutela, come prescritto dal D.M. 37/1997, può considerarsi un valido strumento, atteso il termine (ridotto), che il contribuente avrebbe a disposizione per impugnare (ricorrendo alla competente – per materia e per territorio – autorità Giudiziaria) l'atto di cui ha avuto cognizione: 40 giorni per i crediti previdenziali, dinnanzi il Giudice del Lavoro; 60 giorni, dinnanzi la Commissione Tributaria Provinciale, per gli altri tributi, o davanti al Giudice di Pace per le sanzioni del codice della strada, o in generale per tutte le sanzioni della L. 689/1981. In effetti, l'istanza in autotutela non sospende i termini dell'impugnazione.


La giurisprudenza, tuttavia, fino all'Ordinanza della VI Sezione della Suprema Corte, n. 3.990 del 18/02/2020, non ha mai offerto una definitiva e chiara risposta ai due richiamati e dirimenti quesiti: il criterio per il computo del termine e la modalità di impugnazione. Concetti chiari, almeno all'apparenza, ma comunque fonte di dubbio, sia per i Giudici di merito sia per i difensori.


LA CARTELLA ESATTORIALE: LA NOTIFICAZIONE



La Suprema Corte (tra le molte pronunce sul tema, Cass. Civ. Sez. III, n. 24.235 del 27/11/2015) ha ricordato che "la notificazione della cartella di pagamento assolve, nel sistema delineato dal D.P.R. n. 602/73, alla funzione riservata dall'art. 479 c.p.c. alla notificazione del titolo esecutivo (che, nell'esecuzione esattoriale, è … il ruolo formato dall'ente impositore e trasmesso all'Agente della Riscossione) e contemporaneamente alla funzione riservata dall'art. 480 c.p.c., alla notificazione del precetto (atteso che, ai sensi del già citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo, così come il precetto contiene l'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo)".
In altre parole, il ruolo costituisce il titolo esecutivo, ex art. 49 D.P.R. n. 602 del 1973, ai sensi del quale "per la riscossione delle somme non pagate, il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo".


Chi scrive ha avuto modo di affrontare diffusamente il tema della notifica degli atti tributari (in "Diritto e Pratica Tributaria" n. 5/2018 – Cedam), soprattutto nelle note modalità semplificate, in caso di irreperibilità (assoluta o relativa) del destinatario; questione apparentemente risolta per la Cassazione, ma che viene messa costantemente in discussione dalla dottrina e talvolta anche dalla giurisprudenza di merito.


La validità (o meno) della notificazione della cartella esattoriale, dell'avviso di addebito o dell'intimazione di pagamento (come anche la comunicazione preventiva di ipoteca) condiziona sicuramente la pretesa erariale, ma anche la reazione del contribuente, che potrebbe (o meno) ritenersi tempestiva, in relazione ai tempi ed ai modi in cui ne abbia preso cognizione.


L'IMPUGNAZIONE: TERMINI, MODALITÀ E SCELTA DEL CONVENUTO



Con riferimento alle modalità ed ai termini d'impugnazione della cartella esattoriale, correttamente notificata, non vi sono particolari considerazioni da affrontare, per come costantemente affermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. T., sent. n. 13.584/2017): "L'impugnabilità della pretesa creditoria deve essere fatta nel rispetto del termine previsto di 60 giorni ex art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992, sicché I'avvenuta conoscenza dell'atto esplica effetto in ordine non soltanto alla determinazione in capo al contribuente della legittimazione ad impugnare ma anche al termine di esercizio di tale legittimazione". Il termine è, invece, di 40 giorni quando attiene ai contributi previdenziali (pretesi con l'avviso di addebito).


Il problema si pone quando l'impugnazione riguarda l'estratto del ruolo (ed in certa misura l'intimazione di pagamento).


Paradigmatica, sul punto è la Sentenza n. 154/2019 della Sez. I della Commissione Tributaria Provinciale di Como, la quale – per la peculiarità del caso – merita di essere ritrascritta integralmente nelle motivazioni e nel dispositivo. In essa, appunto, si legge:


1.Il ricorrente impugna l'estratto di ruolo e tramite lo stesso 6 cartelle di pagamento specificamente indicate in ricorso deducendo per tutte l'omessa notifica delle stesse e per quelle di cui ai doc. da 2 a 6 compresi anche la prescrizione dei crediti portati dalle stesse.


2.L'Agenzia Entrate-Riscossione si costituiva producendo le notifiche delle cartelle di pagamento e dichiarando che le cartelle di pagamento di cui ai doc. 3 e 4 del ricorso e, parzialmente quella di cui al doc. 2- sono state annullate ai sensi dell'art. 4 d.l. 119/18 convertito in 1. 136/18, chiedendo per le stesse dichiararsi la cessazione della materia a spese compensate e per il resto l'inammissibilità del ricorso.


3.L'Agenzia delle Entrate-Riscossione deduceva il proprio difetto di legittimazione passiva.


MOTIVAZIONI
In relazione alle cartelle di pagamento indicate nel ricorso sub nn. 3) e 4) è cessata la materia del contendere in quanto le stesse sono state annullate ex lege ai sensi dell'art. 4 di. 119/18 convertito in L. 136/18.
In relazione alla cartella di pagamento indicata in ricorso come n. 2) non è stata prodotta la prova della notifica. La notifica della cartella di pagamento sub n. 7) è nulla in quanto risulta prodotta solo la notifica della stessa presso la casa comunale di …, ultimo luogo di residenza in Italia del ricorrente, ma senza la prova della precedente notifica non andata a buon fine presso la residenza attuale dello stesso in Svizzera in … già nota all'Ufficio in quanto presso la medesima erano state già inviate le cartelle sub 5 e 6. Le notifiche delle cartelle di pagamento sub 5) e 6) sono invece valide in quanto l'atto era stato inviato presso la residenza Svizzera mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, non ritirata e quindi notificata mediante la casa comunale di … ai sensi dell'art. 60 co. 4 DPR 600/73, che prevede che in caso di esito negativo si applicano le disposizioni di cui al primo comma lett. e) del predetto articolo. Inoltre, in relazione alle stesse era stata tempestivamente notificata la comunicazione preventiva di ipoteca la cui notifica non viene contestata dal ricorrente. Quindi al momento della notifica della stessa il ricorrente avrebbe dovuto dolersi della mancata notifica delle cartelle di pagamento, la cui notifica peraltro, ha che interrotto la decorrenza dei termini di prescrizione. La parziale soccombenza giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Commissione dichiara estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere in relazione alle cartelle esattoriali n. (…) e n. (…); dichiara inammissibile il ricorso in relazione alle cartelle esattoriali n. (…) e n. (…); Accoglie il ricorso nel resto; Spese compensate.



La vicenda, sottoposta al vaglio della Corte comasca, racchiude una notevole quantità di aspetti peculiari:


•il trasferimento all'estero del contribuente, regolarmente iscritto all'AIRE;


•l'alterna modalità di notifica degli atti tributari da parte degli Uffici finanziari (all'ultima residenza italiana e/o alla residenza estera);


•l'accertamento della prescrizione dei crediti tributari, affrontata mediante l'impugnazione dell'estratto dei ruoli.


In ordine all'impugnabilità dell'estratto di ruolo, nel caso di mancata notificazione della cartella di pagamento che su di esso si fonda, è intervenuta la Suprema Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n.19.704/2015, ove si legge: "il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell'invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l'ultima parte del D.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l'impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l'invalidità stessa anche prima, giacché l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione".


In questi casi ci si pone il problema di quale sia il soggetto nei confronti del quale notificare il ricorso: l'ente impositore, l'ente riscossore od entrambi?


A seguito della sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 16.412/07, si è consolidato l'indirizzo interpretativo secondo cui "il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell'ente impositore quanto del concessionario; senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario. Resta peraltro fermo, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, l'onere per l'agente della riscossione di chiamare in giudizio l'ente impositore, ex art. 39 D.lgs 112/99; così da andare indenne dalle eventuali conseguenze negative della lite".


Principi confermati dalla Corte di legittimità, con l'ordinanza che si annota (cfr. Cass. Civ. Sez. VI – Ordinanza n. 3.990 del 18/02/2020), la quale ribadisce (al punto 2.6) un aspetto controverso: «nel solco dell'arresto delle Sezioni Unite di cui sopra si è dato conto, che debba essere riconosciuto l'interesse del contribuente ad esperire, attraverso l'impugnazione del ruolo, azione di accertamento negativo della pretesa dell'amministrazione facendo valere la prescrizione del credito maturata dopo la notifica della cartella (sul punto si veda: Cass. sez V 418/2018 Cass. sez.VI, 2301/2018; Cass. civ. sez.VI n. 29179/2017; Cass. civ., sez.VI, n. 29177/2017; Cass. civ., sez.VI, n. 29174/2017; Cass. civ., sez. VI n. 24932/2017)».In altre parole, l'esigenza di veder accertare la prescrizione del credito tributario può essere fatta valere anche con l'impugnazione del ruolo, sebbene, in origine, la cartella fosse stata correttamente notificata.


L'inattività dell'Ente riscossore, che non abbia notificato atti interruttivi, consente al contribuente di veder giudizialmente riconosciuta la prescrizione del diritto di credito.



IL DIES A QUO ED IL COMPUTO DEI TERMINI AI FINI DELLA PRESCRIZIONE



Se in dottrina, è pacifico il criterio attraverso dar corso al computo dei termini – "La prescrizione del credito concernente il tributo inizia a decorrere, perciò di regola, dalla notifica degli atti che rendono esigibile il credito: può trattarsi, a seconda delle diverse imposte, dell'avviso di accertamento, dell'avviso di liquidazione, dell'iscrizione a ruolo, o dell'ingiunzione fiscale" ("Contenzioso esattoriale e procedure di riscossione", 2015, Tomo I – Nunzio Santi Di Paola pag. 371) – lo stesso, putroppo non si può dire in giurisprudenza. Non v'è accordo, infatti, su quale sia il termine iniziale dal quale decorrono gli anni (tre, cinque o dieci, a seconda del tributo) validi perché possa maturarsi la prescrizione. Per ragioni sistematiche, la data della notifica dovrebbe considerarsi il termine iniziale, ma la giurisprudenza, tuttavia, ha offerto altre interpretazioni.
Con la sentenza n. 2.216/2016, ad esempio, la Sez. 36^ della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, nel confermare la precedente pronuncia della Commissione Provinciale di Milano, ad esempio, nel rigettare la tesi del contribuente, ha così motivato: L'appello del contribuente non merita di essere accolto. Come sottolineato dai giudici di primo grado, l'intimazione di pagamento risulta essere stata notificata in data 22 Luglio 2014, entro il termine decennale di prescrizione, che inizia a decorrere dal giorno in cui l'imposta diventa definitiva a seguito dello spirare del termine per proporre impugnazione avverso l'atto impositivo notificato al contribuente, tenuto conto della sospensione dei termini di prescrizione disposta dalla legge 147 del 2013 – art. 1 comma 618 e ss. – dal 1 gennaio 2014 al 15 giugno 2014. Le spese seguono la soccombenza.


Anche questa sentenza è particolarmente interessante; non già per l'esito (evidentemente negativo per il contribuente), ma per il ragionamento logico-giuridico del Collegio giudicante (errato a parere di chi scrive), tra cui la condanna alle spese di soccombenza, dovuta anche con la contumacia dei convenuti. Per quanto qui di interesse, rileva il parametro adoperato per stabilire il dies a quo. Secondo la CTR lombarda, i dieci anni, necessari affinchè maturi il termine di prescrizione si calcolano (non già dalla notifica della cartella di pagamento ma) dallo spirare del termine per proporre impugnazione; dunque dal sessantesimo giorno successivo alla data di notifica della cartella di pagamento, ex art. 25 c. 2 del D.P.R. 602/1973.


Assecondando la tesi dell'Agente della riscossione, che invocava la prescrizione ordinaria, in luogo di quella breve (sostenuta in principalità dal ricorrente), il contribuente ha sostenuto (nei due gradi di giudizio) che il decennio si fosse compiuto, prima della notifica dell'intimazione di pagamento, rispetto alla notifica dell'originaria cartella di pagamento, consegnata al contribuente. Purtuttavia, la Commissione Tributaria Regionale non a ritenuto di dover ancorare il dies a quo per il computo della prescrizione, alla data di notifica, ma a quello successivo, nel quale la pretesa è divenuta definitiva.


Per lo sfortunato contribuente, poi, la prescrizione non si sarebbe consumata, in conseguenza della sospensione dei termini di prescrizione, che la legge finanziaria del 2013, ha disposto per la prima "rottamazione" delle cartelle esattoriali. Calendario alla mano, però, anche questo accidente (la sospensione dei termini) non avrebbe inciso sull'inesorabile trascorrere del tempo.
L'arresto della Suprema Corte citato nel preambolo, ovvero l'Ordinanza della VI Sezione della Suprema Corte, n. 3.990 del 18/02/2020, sembra confermare la tesi di quel contribuente (in attesa del verdetto finale), poiché afferma: "Ritiene questa Corte, nel solco dell'arresto delle Sezioni Unite di cui sopra si è dato conto (n.d.r. SS.UU n. 19.704 del 02/10/2015), che debba essere riconosciuto l'interesse del contribuente ad esperire, attraverso l'impugnazione del ruolo, azione di accertamento negativo della pretesa dell'amministrazione facendo valere la prescrizione del credito maturata dopo la notifica della cartella (sul punto si veda: Cass. sez V 418/2018 Cass. sez.VI, 2301/2018; Cass. civ. sez.VI n. 29179/2017; Cass. civ., sez.VI, n. 29177/2017; Cass. civ., sez.VI, n. 29174/2017; Cass. civ., sez. VI n. 24932/2017)".


La lettura di questo passaggio non dovrebbe lasciare ombre di dubbio: la notifica della cartella di pagamento rappresenta il dies a quo per il calcolo del termine di prescrizione. Articolo tratto da ilsole24ore.




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