15 May
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La legge sul divorzio

La legge 1 dicembre 1970, n. 898, ha introdotto il divorzio nel nostro Paese.

Secondo questo provvedimento, il giudice può pronunciare il divorzio quando si è assicurato che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita in presenza di una delle cause previste dalla stessa legge.

Secondo il dettato normativo, la richiesta di divorzio può essere presentata da uno dei coniugi in presenza di determinate circostanze.

Quando, dopo la celebrazione del matrimonio, un coniuge è stato condannato in via definitiva, anche per fatti commessi in precedenza, alla pena dell’ergastolo oppure  a una pena superiore a anni quindici, o per reati gravi contro la famiglia, o per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;

Quando un coniuge è stato assolto per vizio di mente da uno dei delitti previsti sopra, se il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio determina l’inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare.

Se è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, oppure è stata omologata la separazione consensuale o si ha separazione di fatto quando la stessa è iniziata almeno due anni prima dell’entrata in vigore della legge del 1970.

Se il procedimento penale intrapreso contro uno dei coniugi per i delitti gravi previsti dalla legge si sia concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciarsi sul divorzio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi.

Quando un coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero un altro matrimonio.

Se il matrimonio non è stato consumato.

Se è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso.

Prima della riforma sul divorzio

In simili casi, prima della riforma del 2015 la legge diceva che per la richiesta di divorzio le separazioni si dovevano essere protratte senza interruzione per almeno tre anni dall’avvenuta comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale, anche nel caso di separazione personale.

Quando è stata introdotta la riforma i termini sono stati molto ridotti ed è stata determinata una differenza tra separazione giudiziale e separazione consensuale.

La norma dice che per la proposizione della domanda di divorzio le separazioni si devono essere protratte senza interruzione da almeno dodici mesi a seguito della comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale.

Il termine molto di sei mesi vale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato, dalla data dell’atto che contiene l’accordo di separazione concluso davanti all’ufficiale dello stato civile.

Si può dedurre che la legge 2015/55 oltre a ridurre i termini per ottenere il divorzio a seguito di separazione, ha anche previsto altri modi di separarsi.


A norma dell’articolo 150 del codice civile, in precedenza,  la separazione personale dei coniugi era di due tipi, giudiziale e consensuale.

La separazione giudiziale presuppone una situazione di conflitto tra i coniugi che, non avendo raggiunto un accordo, si rivolgono al giudice.

Può essere richiesta da uno o da entrambi,  quando si verificano fatti che rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o che recano recare grave pregiudizio all’educazione della prole.

La separazione consensuale, presuppone un accordo dei coniugi, che ha in oggetto l’opportunità di procedere alla separazione e la regolamentazione dei loro rapporti patrimoniali e le decisioni relative all’affidamento dei figli e al loro mantenimento.

Anche se la separazione è consensuale è previsto un passaggio davanti al giudice.

L’accordo dei coniugi, avere carattere di efficacia, deve essere sottoposto alla valutazione del giudice e omologato dal tribunale.

Una separazione consensuale non omologata resta una separazione di fatto.

A seguito della riforma, è possibile separarsi senza ricorrere al tribunale, con l’assistenza di un avvocato oppure davanti all’ufficiale dello stato civile.

Attraverso lo strumento della negoziazione assistita, la legge consente ai coniugi di recarsi dal proprio avvocato di fiducia per ottenere la separazione o il divorzio.

Si attua una specie di mediazione che termina in un accordo  con il quale le parti regolamentano i loro rapporti.

I coniugi sono obbligati a farsi assistere almeno da un avvocato per parte e concludere il procedimento in un lasso di tempo determinato dalle stesse parti, che non può essere inferiore a un mese né superiore a tre, prorogabile di trenta giorni su accordo delle parti.

L’accordo deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, e sottoscritto dalle parti e dai rispettivi avvocati.

La convenzione deve contenere la modifica dello status dei coniugi, gli aspetti economici della cessazione dell’unione coniugale, le disposizioni sui figli e il loro affidamento e relativo mantenimento.

L’accordo non è completamente esente da una fase giudiziale.


La fissazione dell’udienza «virtuale»

A questo punto la fissazione dell’udienza «virtuale» viene comunicata agli avvocati in via telematica e le parti non vi devono partecipare né a distanza né in via cartolare, perché serve solo al Tribunale per dare atto delle attività svolte e per l’adozione dei conseguenti provvedimenti nel giro di pochi giorni. A seguito infatti della espressa e ribadita manifestazione di volontà, la coppia consegue l’omologa (nel caso di separazione), la sentenza (nel caso di divorzio congiunto), previa la trasmissione anche qui telematica per il parere al pm. Si vedrà col tempo se questa formula verrà mantenuta anche quando sarà finita l’emergenza Covid. Per adesso in altri tribunali, come ad esempio Milano, non viene invece esplorata. Un po’ perché qui i giudici mantengono perplessità sulla possibilità di andare oltre il dettato delle norme. Ma molto perché i giudici ritengono di conservare il valore della (pur breve) udienza faccia a faccia, nella quale talvolta far rilevare alla coppia che le condizioni della separazione pattuite sono più ambigue e meno risolutive di quanto i due coniugi a volte percepiscano.diritto.it


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