“La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina, oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio.
Può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità”.
Tale disposizione, contenuta nell’articolo 1129, comma 11, del codice civile, nasce appunto per consentire a “ciascun condomino”, e quindi singolarmente a tutti, la possibilità di mandar via l'amministratore indesiderato, anche per fatti (e misfatti) di certa rilevanza che però – nell’assenza decisionale dell’assemblea – devono essere sottoposti al vaglio dell’autorità giudiziaria.
Ferma restando la chiara lettura del dettato normativo, riteniamo che la continua, asfissiante ricerca sulle possibili mancanze del loro amministratore, ritualmente condotta da un certo tipo di condòmini, debba spingerci ad analizzare più approfonditamente il concetto di gravi irregolarità, anche e soprattutto per i motivi che vedremo fra qualche istante.
Sul vocabolario della lingua italiana, si legge che “grave “ significa “serio e di notevole importanza, specialmente per le conseguenze, in quanto difficilmente rimediabile osuperabile”. “Irregolare”, invece, significa “divergente dalla norma che viene comunemente accettata o rispettata”.
Esiste una norma di riferimento e di questa daremo conto qui appresso, operando una distinzione, doverosa, tra amministratore professionista ed interno, con tale ultima qualificazione individuando quel condòmino che assume l’incarico per mero spirito e sovente gratuitamente.
Partiamo dal dato generale: che cosa dice la legge in merito?
L’art. 1711 c.c. fa riferimento alla diligenza del buon padre di famiglia, in linea generale indicata quale parametro di valutazione dell’adempimento del debitore dall’art. 1176 c.c.
A mente del succitato art. 1711, primo comma, c.c., infatti, «il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore».
La diligenza del buon padre di famiglia è un parametro di valutazione dell’adempimento del debitore, nel nostro caso dell’amministratore che ha assunto l’incarico alla cui stregua va valutata la responsabilità per l’ipotesi di inadempimento.
Come affermato dalla Corte di Cassazione «in tema di mandato, grava sul mandatario l’obbligo di compiere gli atti giuridici previsti dal contratto con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1710 cod. civ.), con quella diligenza, cioè, che è lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, memore dei propri impegni, cosciente delle relative responsabilità» (Cass. n. 19778/2003).
Il secondo comma dell’art. 1176 c.c., specifica che «nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata».
Come dire: se sono un amministratore di condominio professionista il mio comportamento nell’espletamento dell’incarico va valutato con maggiore severità, in quanto da me ci si attende preparazione e attenzione in relazione ai problemi che l’assolvimento del mandato impone.
Per essere ancora più specifici: la persona che svolge l’attività di amministratore condominiale – esclusivamente e cumulativamente ad altre professioni – deve sapere che nell’ipotesi di lavori di manutenzione delle parti comuni la presenza anche non contemporanea di due imprese comporta la nomina di un coordinatore della sicurezza in fase di progettazi9one se il fatto è noto fin da questa fase.
La valutazione della responsabilità dell’amministratoreinterno, specie se l’incarico è gratuito, è meno severa di quella utilizzata per giudicare un amministratore professionista.
È giusto tutto ciò? Nell’esecuzione di opere manutentive delle parti comuni, le responsabilità in capo al committente in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro – ai sensi del d.lgs n. 81/08 – sono le medesime tanto che l’amministratore sia un professionista, tanto che egli sia uno dei condòmini, incaricato per mero spirito di servizio.
È normale valutare la responsabilità di questa persona in maniera più lievi anche se gli interessi coinvolti sono i medesimi. O forse non sarebbe più corretto valutare sempre con lo stesso rigore chi assume posizioni di particolare responsabilità, proprio per disincentivare scelte che hanno come unico obiettivo – o quanto meno principale – un maggiore risparmio?
Ricordiamo, infine, che la valutazione della responsabilità e quindi la diligenza richiesta varia a seconda della natura dell’obbligazione. Ciò vuol dire che nelle ipotesi di obbligazioni di risultato, la diligenza sarà valutata in maniera differente dai casi in cui l’obbligazione dell’amministratore è un’obbligazione di mezzi. Si tratta di una distinzione che per parte della giurisprudenza (es. Cass. SS.UU. 11 gennaio 2008 n. 577) va superata, anche se tale svolta non è seguita dai successivi pronunciamenti (Cass. 16 novembre 2012 n. 20216).
Per chiarire: se l’assemblea condominiale delibera il rifacimento della facciata l’amministratore deve attivarsi per fare in modo che i lavori siano eseguiti (obbligazione di risultato). In quanto legale rappresentante del committente, egli, inoltre, deve vigilare affinché tutto sia eseguito nel miglior modo possibile. fonte:condominioweb.
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