La negoziazione assistita è un istituto dell’ordinamento italiano che consiste nella risoluzione di una lite su diritti disponibili attraverso la sottoscrizione di una convenzione di negoziazione, un impegno in modo che la controversia si risolva in modo amichevole.
Regolamentato dal Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 132 – “Decreto Giustizia”, convertito con modificazioni dalla Legge 10 novembre 2014 n. 162, risponde alla necessità di assicurare una maggiore funzionalità ed efficienza della giustizia civile traslando dal piano giudiziario a quello della cooperazione tra le parti la risoluzione di controversie non riguardanti diritti indisponibili (art. 2, comma 2, lett. b).
La negoziazione è assistita da avvocati iscritti all’Albo anche ai sensi dell’articolo 6 del Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n.96 che hanno il dovere deontologico di informare il loro cliente della possibilità di ricorrere alla convenzione.
Ai sensi dell’articolo 3 del sopra menzionato decreto, l’invito all’altra parte a stipulare la convenzione di negoziazione assistita costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale quando la controversia ha in oggetto il risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti o il pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000,00 €, fuori però dai casi disciplinati all’articolo 5, comma 1 bis del Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
È facoltativo l’invito alla negoziazione per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio (art.6), fatto salvo il caso nel quale ci si trovi in presenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave oppure economicamente non autosufficienti.
Negli ultimi anni si è registrato un incremento dell’interesse nei confronti dei metodi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, anche nell’ambito dei conflitti derivanti dalla crisi del matrimonio.
In questo quadro, il D.L. 132 del 2014, convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, ha introdotto due modalità per addivenire ad una soluzione consensuale della separazione personale, del divorzio e della modifica delle relative condizioni:
La convenzione di negoziazione assistita (art. 6)
L’accordo concluso dai coniugi innanzi al Sindaco (art. 12).
Due istituti distinti, uno reso possibile grazie al lavoro degli avvocati, l’altro direttamente gestito dalle parti davanti all’Ufficiale dello stato civile, ma accomunati, sotto numerosi profili, in relazione all’ambito di operatività e a buona parte degli effetti.
Il procedimento di negoziazione assistitapuò essere utilizzato al fine di raggiungere una definizione consensuale delle condizioni di separazione personale, di divorzio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
Si ritiene sia molto onerosa anche se liquidata con modalità medie, la norma che la impone come obbligatoria va disapplicata, perché è in contrasto con la Carta Ue.
Sembra che la negoziazione assistita obbligatoria come tentativo stragiudiziale di risolvere le controversie prima di rivolgersi al giudice, costi davvero molto.
Un giudice ne ha di recente preso atto, e con un’ordinanza (Ordinanza emessa il 16 gennaio 2020 dalla terza sezione civile del tribunale di Verona), ha bocciato la normativa italiana, ritenendo di non applicarla perché in contrasto con la normativa europea, nel punto nel quale la stessa impone come condizione obbligatoria, tranne quando comporti esborsi esigui.
Nella maggior parte dei casi non è così, comportando costi ingenti anche se si fa ricorso ai metodi medi di liquidazione.
Stando al giudice di Verona, la norma (art. 3, comma 1, del D.L. n.132/2014), deve essere disapplicata perché risulta essere in contrasto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con gli articoli 6 e 13 della CEDU, che stabiliscono il principio inderogabile della “tutela giurisdizionale effettiva”.
La parte convenuta in giudizio, aveva sollevato l’eccezione di improcedibilità della domanda della parte attrice, a causa dell’assenza della negoziazione assistita.
L’ordinanza, però, ha preso in considerazione il fatto che per la giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue (CGUE sent. n. 457 del 14 giugno 2017) le forme di alternative dispute resolution, vale a dire, i metodi alternativi di risoluzione delle controversie, sono ammissibili esclusivamente se maturano costi nulli o, almeno, molto contenuti.
In relazione al caso italiano, il decreto ministeriale (Dm n.37/2018) che fissa le modalità per determinare onorari e compensi dei difensori delle parti, non ha in previsione nessuna diminuzione del compenso per l’avvocato che assiste la parte nella fase iniziale della negoziazione assistita.
Il giudice ha tenuto a precisare, che anche la possibilità che vige di riduzione dei parametri comporta sempre risultati di una determinata consistenza, anche se la stessa prevede una durata e un impegno molto contenuti. fonte:diritto.it
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