30 May
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Truffe romantiche: è reato fingere amore per ottenere denaro

Cassazione penale, sez. II, sentenza 06/06/2019 n° 25165

Fingere di amare una persona al fine di ottenere un vantaggio patrimoniale configura il reato di truffa. 

E’ quanto emerge dalla sentenza della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione del 13 giugno 2019, n. 25165 (testo integrale in calce), che si occupa delle cosiddette romantic scam (truffe romantiche).

Il caso vedeva un uomo fingere di avviare una relazione sentimentale con una donna molto più grande di lui, proponendole falsamente l’acquisto in comproprietà di un appartamento (consegnando alla donna anche fotografie dello stesso) e nel richiedere prestiti proponendole la cointestazione di quote societarie, così facendosi consegnare dalla donna ingenti somme di denaro.

Per ricostruire l’elemento oggettivo del reato di truffa di cui all’ Art. 640 c.penale, secondo gli ermellini, si deve tenere presente la concatenazione delle note modali della condotta truffaldina e dei conseguenti eventi, nella sequenza indicata dal legislatore artifizi o raggiriinduzione in erroreatto dispositivodanno patrimoniale e profitto ingiusto, sottolineando in particolare che, ai fini dell’individuazione della condotta truffaldina, occorre accertare l’idoneità ingannatoria degli artifizi o raggiri ed il nesso causale tra l’inganno e l’errore della vittima la quale, incisa nella sua sfera volitiva dai falsi motivi, si determina ad una certa scelta patrimoniale che altrimenti non avrebbe effettuato.

Gli artifici, intesi come manipolazione esterna della realtà provocata mediante la simulazione di circostanze inesistenti o, per contro, mediante la dissimulazione di circostanze esistenti, o il raggiro, consistente in una attività simulatrice, sostenuta da parole o argomentazioni atte a far scambiare il falso con il vero, sono entrambi mezzi per creare un erroneo convincimento passando il primo attraverso il camuffamento della realtà esterna ed operando il secondo direttamente sulla psiche del soggetto.

L’idoneità dell’artificio o del raggiro deve essere valutata in concreto, ossia con riferimento diretto alla particolare situazione in cui è avvenuto il fatto ed alle modalità esecutive dello stesso, e l’idoneità degli artifici e raggiri risulta dalla verifica della sussistenza del nesso causale tra azione ed evento, mentre non ha rilievo la mancanza di diligenza, controllo e verifica da parte della persona offesa, essendo sufficiente, per l’esistenza del reato, accertare che l’errore in cui è caduta la vittima sia stato conseguenza di detti artifici e raggiri (Cass. pen., Sez. II, n. 55180/2018).

Per principio costante in giurisprudenza, qualora sia stato accertato il nesso di causalità tra l’artificio o il raggiro e l’altrui induzione in errore non è necessario verificare l’idoneità in astratto dei mezzi usati quando in concreto questi si sono rivelati idonei a trarre in errore (Cass. pen., Sez. II, 20 giugno 2017, n. 52867).

Nella fattispecie la condotta dell’imputato era consistita non solo nel simulare sentimenti d’amore, ma anche nel coordinare la menzogna circa i propri sentimenti con ulteriori e specifici elementi, quali il progetto di una vita in comune ed un investimento societario, idonei, assieme ad essa, ad avvolgere la psiche del soggetto passivo in modo da assumere l’aspetto della verità ed a trarre in errore.

In siffatti casi, la truffa non si apprezza per l’inganno riguardante i sentimenti dell’agente rispetto a quelli della vittima, ma perché la menzogna circa i propri sentimenti è intonata con tutta una situazione atta a far scambiare il falso con il vero operando sulla psiche del soggetto passivo.Fonte:altalex.


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