20 May
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Umidità di risalita in condominio e problemi di infiltrazioni: fattispecie molto ricorrente e che sovente necessita di interventi particolarmente invasivi per la definitiva risoluzione, ossia per l’eliminazione del fenomeno; sempre che ciò sia davvero possibile.

Si sente spesso parlare delle noie, veri e propri danni, causati dalla così detta umidità di risalita.

Ci sono persone, che, specie in quegli edifici con i box ai piani interrati, lamentano veri e propri affioramenti di acqua da pavimento.

Che cos’è l’umidità di risalita? Chi deve fare che cosa per eliminare questo fenomeno?

Umidità di risalita, individuazione e definizione del fenomeno

L’umidità di risalita rappresenta una delle forme di umidità largamente diffuse; essa può manifestarsi tanto nei casi di costruzione recente, quanto in quelli di edificio vecchio.

Tale umidità di risalita può essere causata:

a) da un sistema di isolamentodanneggiato (es. perché usurato) o inefficace in generale o comunque rispetto alla specifica situazione;

c) dall’assenza di sistemi di isolamento;

Tale problematica è causata dal così detto fenomeno della capillarità: in buona sostanza l’acqua presente nel terreno sottostante l’edificio risale capillarmente dalle fondamenta e si manifesta nella parte bassa di muri e spesso anche sul pavimento.

Perché in alcuni casi il fenomeno è più evidente di altri?

I fattori sono molteplici:

a) quantità di acqua presente nel sottosuolo;

b) qualità dei materiali utilizzati per la costruzione dell’edificio.

Sul tutto incidono in modo più o meno pesante le condizioni meteo.

Chiarito cosa debba intendersi per umidità di risalita è necessario comprendere chi debba attivarsi per risolvere il problema manifestatosi e segnalato.


Umidità di risalita, sottosuolo e interessamento del condominio

L’umidità, abbiamo detto, risale dal sottosuolo. Il suolo è la parte comune sulla quale poggia l’edificio (cfr. Cass. 15 febbraio 2008, n. 3854).

«Il sottosuolo, invece, è costituito dallo spazio sottostante il suolo ed esistente in profondità; esso, ancorché non espressamente menzionato dall’art. 1117 c.c., va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo, che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, avuto riguardo alla funzione di sostegno che contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato (Cass. 24 ottobre 2006, n. 22835; Cass. 9 marzo 2006, n. 5085; Cass. 28 aprile 2004, n. 8119; Cass. 11 novembre 1986, n. 6587)» (Cass. 15 febbraio 2008, n. 3854).


Ciò che conta di più ai nostri fini è che anche il sottosuolo debba essere considerato parte comune dell’edificio in condominio.

Sottosuolo, umidità di risalita custodia e danni

Chi è il custode della parti comuni? Per costante giurisprudenza il custode, ai sensi dell’art. 2051 c.c. dev’essere considerato il condominio (Cass. 12 luglio 2011 n. 15291).

Si badi: quando si fa riferimento al condominio in realtà ci si sta riferendo ai condòmini, a tutti i condòmini, che, per i danni da cose in custodia, rispondono in solido ai sensi dell’art. 2055 c.c. e non pro-quota, come per le obbligazioni derivanti da contratto (Cass. 29 gennaio 2015 n. 1674).

Un’ulteriore annotazione: se il condominio (i singoli condòmini) è responsabile in solido con un terzo per i danni derivanti dall’umidità di risalita, esso potrà essere condannato a risarcire l’intero, salvo rivalsa verso il corresponsabile (anche nel caso di non coinvolgimento di questo nel giudizio, Cass. 7 luglio 2016 n. 13945).

Torniamo alla responsabilità per danni da cose in custodia: la norma contenuta nell’art. 2051 c.c., dice ormai da anni la giurisprudenza, individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva.

Ai fini della sua applicazione, quindi, chi lamenta un danno deve limitarsi a dimostrare l’esistenza «del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, poiché l’azione di responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c., presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all’azione di responsabilità per danni a norma dell’art. 2043 c.c., dipendente dal comportamento del custode, che è invece elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art. 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilità è la custodia» (così Cass. 20 maggio 2009 n. 11695)

In questo contesto fattuale e normativo, la responsabilità del custode è «esclusa soltanto nel caso in cui l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l’evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile (Cass. 12329/2004, 376/2005, 2563/2007)» (così Cass. 20 maggio 2009 n. 11695).


Se il danneggiato dall’umidità di risalita non si attiva tempestivamente per segnalare il fenomeno, tale sua inerzia potrebbe essere valutata in sede giudiziale per determinare un ridimensionamento del risarcimento (art. 1227 c.c.).

Umidità di risalita e responsabilità del condominio

In buona sostanza, stando a quanto appena specificato, i danni causati dall’umidità di risalita dal sottosuolo condominiale devono essere risarciti dal condominio in quanto custode di quel bene.


Quest’ultima, se ancora in tempo e se si rientra nel caso di cui all’art. 1669 c.c., può proporre azione di responsabilità contro l’appaltatore per gravi difetti dell’immobile. Mai, però, la responsabilità dell’appaltatore, anche di quello chiamato per lavori di manutenzione (Cass. SS.UU. 27 marzo 2017 n. 7756), esclude la responsabilità del custode, cioè del condominio. F:condominio.web


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