La legge tutela l’acquirente se il commerciante sbaglia ad esporre il prezzo della merce. Ma solo a determinate condizioni. Eccole.
È capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di imbattersi in un prodotto il cui prezzo esposto ci abbia invogliati ad acquistarlo, salvo poi scoprire (amaramente) che il prezzo di vendita indicato fosse errato e che quello corretto fosse, in realtà, ben più alto.
Cosa fare in questi casi? Bisogna accettare di pagare il “prezzo giusto” più elevato o bisogna insistere affinché ci venga applicato il prezzo esposto? Cosa dice la normativa?
In base a quanto previsto dalla normativa che detta i principi e le regole generali sull’esercizio di un’attività commerciale (in particolare, il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114), i prodotti esposti nelle vetrine esterne dei negozi, all’ingresso dei locali, nelle immeditate vicinanze dell’esercizio commerciale, devono indicare – in modo chiaro e ben leggibile – il prezzo dei prodotti in vendita, attraverso l’uso di cartelli o di qualsiasi altra modalità idonea a raggiungere lo scopo di far conoscere sia il prodotto che il relativo prezzo ai possibili acquirenti.
In questo modo, quello che si realizza è una vera e propria offerta al pubblico (disciplinata all’articolo 1336 del codice civile), ossia: il venditore propone la vendita di un dato bene a fronte del pagamento del prezzo esposto.
L’offerta che il venditore fa è completa, cioè contiene tutti gli elementi necessari per realizzare la compravendita, per la conclusione della quale sarà sufficiente la dichiarazione di accettazione dell’acquirente.
In pratica, l’acquirente, una volta visto il prodotto e conosciuto il prezzo, è libero di scegliere se acquistarlo o meno; nel momento in cui esprime la volontà di procedere all’acquisto, il contratto di vendita si perfeziona.
Questo significa che non può trovare spazio la successiva richiesta del commerciante di far pagare, alla cassa, un prezzo diverso e più alto rispetto a quello esposto in vetrina e conosciuto dal compratore.
Qualora il prezzo maggiorato venga pagato, il consumatore ha diritto a che gli sia rimborsata la differenza di prezzo. Tale rimborso deve avvenire in contanti, attraverso la restituzione dell’eccedenza versata e non può, ad esempio, avvenire attraverso “buoni spesa” da utilizzare per l’acquisto di altri prodotti.
Quanto detto è espressione di un principio civilistico (il cosiddetto principio consensualistico): affinché il contratto di compravendita produca i suoi effetti è necessario e sufficiente l’incontro di due volontà uguali, ossia l’accettazione, da parte del cliente, della proposta fatta dal venditore attraverso l’esposizione del prezzo per una data merce.
Qualora questo non accada e il commerciante si rifiuti di concludere la vendita – facendo leva sul fatto che il prezzo esposto sia errato – il comportamento di quest’ultimo configurerà un’ipotesi di inadempimento contrattuale (ai sensi degli articoli 1515 e seguenti del codice civile) e, quindi, il cliente non deve pagare il prezzo maggiore, ma il prezzo esposto.
A quanto appena detto, fanno eccezione due ipotesi.
1. Il comportamento inadempiente del venditore è, però, da considerarsi tale solo fintanto che l’errore non sia “riconoscibile” dall’acquirente attraverso l’uso della normale diligenza.
Questo cosa significa? Che prezzi esageratamente bassi rispetto al valore dei beni a cui si riferiscono (valore di cui è facile avere conoscenza), sono idonei ad insinuare il dubbio, nel compratore medio, sull’errore in cui il venditore è incorso e, quindi, ad escludere l’inadempimento di quest’ultimo qualora lo stesso si rifiuti di concludere la compravendita se non al prezzo più alto.
2. Vi è poi una seconda ipotesi che esclude il diritto del consumatore di pagare il prezzo esposto più basso rispetto al prezzo corretto di vendita: nei casi di e-commerce.
In questi casi il processo di compravendita è “a parti inverse”, ossia è strutturato in modo tale che a fare l’offerta di vendita sia l’utente nel momento in cui conclude la procedura on-line di acquisto; sarà poi il venditore a doverla accettare affinché la vendita si realizzi. Da la legge per tutti.
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