10 Jul
10Jul

STUDIO LEGALE ARIELLO


Il giudice territoriale di Torino ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ivrea, del 2017, che aveva sentenziato sul rapporto tra l’uso del cellulare e l’insorgenza dei tumori.

La vicenda riguarda un dipendente Telecom affetto da neurinoma del nervo acustico.

La vicenda

Un dipendente di Telecom Italia ha passato 15 anni della sua vita professionale utilizzando il telefonino, per oltre tre ore al giorno e senza protezioni. Gli veniva diagnosticato un neurinoma al nervo acustico, neoplasia di indole benigna, tuttavia invalidante. Portata la vicenda sui banchi della giustizia, il consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice del Lavoro di Ivrea aveva riconosciuto un danno biologico permanente pari al 23%, così comportando alla condanna dell’INAIL al pagamento di un’indennità vitalizia, da malattia professionale, di circa 500 euro mensili.

Il nesso causale

Il tempo trascorso, in misura considerevole al cellulare e l’insorgenza del tumore al cervello sono collegati causalmente, secondo la Corte d'Appello di Torino. Per gli stessi togati “esiste una legge scientifica di copertura che supporta l’affermazione del nesso causale secondo i criteri probabilistici ‘più probabile che non'”. I giudici territoriali hanno infatti confermato il dictum, già emesso in prima battuta dal Tribunale di Ivrea e con cui, nell'aprile 2017, l'Inail era stata condannata a corrispondere al lavoratore in questione una rendita vitalizia da malattia professionale.


Il rischio

Secondo uno studio occorrono solamente 30 minuti al giorno per otto anni, trascorsi col telefonino all'orecchio per essere a rischio di tumore.

Lo studio dell’ISS

La sentenza, che ha condiviso la lettura assegnata dalla consulenza tecnica, riconosce il nesso eziologico tra impiego massiccio del cellulare ed insorgenza di tumori al cervello, ma l'Istituto superiore di Sanità, che ha condotto una metanalisi degli studi pubblicati dal 1999 al 2017, qualche mese fa, pubblicandone gli esiti, ha concluso che, sulla base delle evidenze epidemiologiche attualmente a disposizione, l'utilizzo del telefono cellulare non risulta associato all'incidenza di neoplasie nelle aree più esposte alle radiofrequenza nel corso delle chiamate vocali.

Più in dettaglio, il Rapporto Istisan “Esposizione a radiofrequenze e tumori” curato da Istituto superiore di sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea, pur affermando che i dati attuali "non consentono valutazioni accurate del rischio dei tumori intracranici e mancano dati sugli effetti a lungo termine dell'uso del cellulare iniziato durante l'infanzia", rileva che, dalla metanalisi dei molteplici studi pubblicati in quasi due decenni, non si evidenziano incrementi dei rischi di tumori maligni o benigni in relazione all'impiego prolungato (dato fissato a 10 anni) dei telefoni mobili.

Gli esperti dell’ISS hanno inoltre rilevato, nello stesso Rapporto, che "i notevoli eccessi di rischio osservati in alcuni studi non sono coerenti con l'andamento temporale dei tassi d'incidenza dei tumori cerebrali che, a quasi 30 anni dall'introduzione dei cellulari, non hanno risentito del rapido e notevole aumento della prevalenza di esposizione".

Guardando al domani, e in particolare alle reti 5G, per stesso studio le emittenti aumenteranno, tuttavia avranno potenze medie inferiori a quelle degli impianti correnti, e la rapida variazione temporale dei segnali dovuta all'irradiazione indirizzabile verso l'utente (beam-forming) comporterà un'ulteriore diminuzione dei livelli medi di campo negli spazi circostanti.




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